Negli anni '60 e '70, alcuni produttori toscani iniziarono a sperimentare al di fuori delle rigide normative delle DOC (Denominazione di Origine Controllata) italiane. Le regole del Chianti, ad esempio, imponevano l'uso di specifiche uve e in determinate proporzioni, limitando l'innovazione enologica. Produttori visionari come Marchesi Antinori e Tenuta San Guido decisero di utilizzare varietà internazionali come il Cabernet Sauvignon e il Merlot, spesso in purezza o in blend con il Sangiovese, creando vini di alta qualità che non rientravano nelle categorie tradizionali. Questi vini furono inizialmente classificati come "Vino da Tavola", nonostante la loro eccellenza, portando alla nascita del termine "Super Tuscan" per distinguerli dal vino di bassa qualità. Questo creava una contraddizione assurda: alcuni dei vini più pregiati d’Italia risultavano, sulla carta, di bassa qualità.

I produttori più conservatori (soprattutto nel Chianti) vedevano i Super Tuscan come un tradimento del patrimonio enologico toscano, accusandoli di “snaturare” il vino italiano con tecniche francesi. Infatti i Super Tuscan sono caratterizzati dall'uso di vitigni non tradizionalmente associati alla Toscana, Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc, Syrah, spesso combinati con varietà autoctone, come il Sangiovese. La combinazione di queste varietà permette ai produttori di creare vini unici, sfruttando le caratteristiche di ciascun vitigno per ottenere equilibrio e complessità. ​Inoltre, l'affinamento avviene in barrique francesi invece delle botti grandi di rovere di Slavonia. Ne risulta uno stile complessivamente più internazionale, meno “rustico” e più opulento.

Ciò ha generato una forte discussione su cosa debba essere il vino “tipico” e quanto spazio dare all’innovazione.

L’ascesa dei Super Tuscan ha messo in luce le rigidità e i limiti del sistema di classificazione italiano:

-Regole troppo restrittive impedivano ai produttori di sperimentare.

-La qualità non veniva riconosciuta formalmente.

-I disciplinari premiavano aderenza alle regole, non necessariamente la qualità finale del vino.

Questo ha portato alla creazione, nel 1992, della categoria IGT – Indicazione Geografica Tipica, più flessibile, che ha legalmente “sdoganato” i Super Tuscan, consentendo loro di uscire dal limbo del “vino da tavola”.

Possiamo ricostruire una timeline storica delle tappe fondamentali dei Super Tuscan:

1968: lancio di Vigorello da parte di San Felice, considerato il primo Super Tuscan. ​

1971: introduzione di Tignanello da parte di Marchesi Antinori, incorporando Cabernet Sauvignon nel blend. ​

1978: prima annata di Solaia, un altro vino innovativo di Antinori.​

1985: debutto di Masseto, un Merlot in purezza prodotto da Tenuta dell'Ornellaia.​

1992: introduzione della categoria IGT (Indicazione Geografica Tipica), riconoscendo ufficialmente i Super Tuscan.​

2021: fondazione del Comitato Historical Super Tuscans da parte di 16 aziende vinicole per promuovere questi vini. ​

Alcuni critici e molti produttori rivali hanno accusato i Super Tuscan di essere moda e marketing, con prezzi esagerati giustificati più dalla reputazione che dal contenuto.

Tuttavia, molti di questi vini hanno resistito alle critiche ed alla prova del tempo, dimostrando grande coerenza qualitativa.

In definitiva i Super Tuscan non sono solo una categoria di vini di altissimo livello, ma anche un simbolo di rivoluzione nella viticoltura italiana. Hanno scardinato vecchi dogmi, promosso la libertà espressiva dei produttori e dimostrato che qualità e identità territoriale possono coesistere, anche al di fuori dei disciplinari.

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